giovedì 11 dicembre 2014

IN VINO VERITAS

Anche se adesso - a freddo - si lascia andare ai post funerei piagnistei di circostanza, l'irresponsabile (e cinico) commento a caldo del "bullo" fiorentino Matteo Renzi sullo "sciopero" degli elettori dell'altra domenica in Emilia Romagna rappresenta proprio il pensiero filosofico sulla democrazia di questo fenomeno (partorito in fretta e furia dalla politica italiana marcia e putrefatta) che, in pochi mesi, è riuscito a far resuscitare la "balena bianca" della Democrazia Cristiana, portando a compimento, vent'anni dopo, il sogno berlusconiano.

"Abbiamo vinto, l'astensione di due terzi degli elettori non é un problema è un fatto marginale", ha detto, più o meno, stordito dall'entusiasmo per avere fatto l'en plein nelle due regioni in cui si andava anticipatamente a votare. Come dicevano gli antichi "in vino veritas", la verità, cioè, è quella che viene fuori dalle bocche puzzolente ma sincere degli avvinazzati. E Matteo quando si è lasciato sfuggire  quella "bestemmia democratica" (messa in sordina dai tg-propaganda: si immagini quale castello di improperi ci avrebbero costruito sopra se a pronunciare quelle parole blasfeme fosse stato Beppe Grillo) era inebriato, in delirio, per il due a zero inflitto a babbo Silvio.
La storia si ripete in modo impressionante. Così come la politica marcia e putrefatta  dei primi anni novanta riuscì a fronteggiare e neutralizzare il "corpo estraneo" Bossi che catalizzò al nord  la protesta popolare del dopo tangentopoli con la "discesa in campo" di Berlusconi - truffaldinamente presentato dai media asserviti al sistema come il paladino del cambiamento (in effetti cambiò subito tutte le leggi che avevano consentito a vari Di Pietro di scoperchiare la cloaca del malaffare e i rapporti perversi fra politica e imprenditoria) - così ora quello stesso mondo politico, ancor più marcio e putrefatto di allora, è riuscito a inventare il "fenomeno Renzi" per fronteggiare e neutralizzare la protesta popolare sfociata nel 2012 nel "terremoto" di Beppe Grillo il cui movimento è risultato il primo partito italiano con il 25 per cento dei voti.

Un secondo "corpo estraneo" (dopo quello della Lega Nord di Bossi, prima della fusione per incorporazione a suon di euro, nella galassia berlusconiana) che andava rapidamente estirpato (o neutralizzato    con una sapiente campagna acquisti) prima che producesse danni irreversibili al sistema della artificiosa contrapposizione fra destra e sinistra finalizzata a tenere in piedi  la commistione della politica con gli affari. Ecco quindi l'invenzione del fenomeno Renzi. Con la cinica campagna acquisti di suffragi elettorali (molto labile il confine con il mafioso "voto di scambio") pagati con gli 80 euro a dieci milioni di elettori pochi giorni prima delle europee della scorsa primavera. E con il "patto del Nazareno" con Berlusconi atto a tenere in vita quella  "vacca italica" alle cui capaci mammelle i voraci politici di destra, di centro e di sinistra dal dopoguerra succhiano linfa che sarebbe vitale per i bisogni di tanti cittadini che sopravvivono andando a mangiare alle mense dei poveri, di milioni di pensionati che devono arrivare alla fine del mese con poche centinaia di euro, di milioni di giovani che non trovano lavoro,

Cosa c'è di più pericoloso, infatti -  per questo sistema politico che anche in un momento drammatico come questo è infestato da ladri e da corrotti e che non riesce fisiologicamente a fare a meno dei privilegi e non riesce a ridursi gli emolumenti da nababbi - di un Movimento politico come  quello di Beppe Grillo che restituisce allo Stato metà dello stipendio dei suoi parlamentari, dimostrando che con cinquemila euro al mese anche gli appartenenti alla casta possono vivere da privilegiati?
E' evidente che se non riesce a distruggere questa "eresia", questa "perversione" del dimagrimento della politica per dare un po' d'ossigeno a milioni di cittadini in difficoltà, sarà quel sistema stesso marcio e putrefatto ad essere spazzato via. Mi viene in mente, a questo proposito, quella notizia di qualche anno fa del sindacato di una località siciliana che chiese il licenziamento di un dipendente di un ente pubblico perché lavorava troppo e così facendo metteva in cattiva luce tutti i suoi colleghi che tutto il giorno bivaccavano in ufficio senza fare  un cazzo.

Altre  eresie da neutralizzare sono le norme contro il professionismo dei politici (massimo due mandati e poi tornare a casa al proprio lavoro) e il concetto di partecipazione popolare alla vita pubblica contenuti nel programma elettorale grillino.
Anche in tema di democrazia partecipata Matteo Renzi la pensa come babbo Silvio: meno gente va a votare, meglio è. Lo ha detto chiaramente, come abbiamo visto, a caldo, all'indomani dello sciopero elettorale - soprattutto contro il suo partito -  in Emilia. E lo sta dimostrando in questi suoi mesi di governo senza che nessuno lo abbia mai eletto, con la sua stabile occupazione delle emittenti televisive, con le sue quotidiane spacconate, con quel "io cambierò l'Italia" senza che nessuno abbia dato a lui il mandato per farlo e grazie a un parlamento di nominati e ad uno spropositato premio di maggioranza attribuito al suo partito da una legge elettorale chiamata "porcellum" e dichiarata incostituzionale.

Devo constatare, purtroppo, che a questa opera di denigrazione del movimento rivoluzionario di Beppe Grillo sta dando il suo attivo contributo il sindaco di Parma Federico Pizzarotti. Costui, primo beneficiario del "sogno" rivoluzionario del comico genovese, non perde occasione di partecipare a trasmissioni delle varie tv, di Stato e non, che dal giorno della vittoria elettorale di due anni fa si sono poste al servizio del sistema politico (destra e sinistra unite) che ha ordinato il sistematico sputtanamento del Movimento grillino.
Ho più volte manifestato la mia personale delusione per l'operato del sindaco di Parma che non ha saputo o voluto imprimere una svolta rivoluzionaria in questa città da sempre ostaggio dei poteri forti (banche e Unione Industriali) e dei poteri occulti massonici. Questo sconosciuto signor nessuno, letteralmente insediato sulla poltrona di primo cittadino da Beppe Grillo, non ha mantenuto, nella sostanza, le promesse elettorali di cambiamento esternate davanti a una folla oceanica di migliaia di persone dal comico genovese.

E il primo concreto segnale di cambiamento sarebbe stato quello di far pagare l'enorme debito ereditato dalle scellerate amministrazioni ubaldiane, a chi (cementificatori e banche) aveva contribuito a realizzarlo. Solo in un caso ciò è accaduto (fallimento Spip)  grazie al tribunale e contro la volontà di Pizzarotti che avrebbe voluto caricare sui cittadini anche quei cento milioni di debito accomulato dalla società presieduta da Calestani con quei truffaldini passaggi di proprietà di terreni il cui valore lievitava a dismisura anche nel giro di poche ore. E' sicuro che in molti si sono arricchiti a Parma con questi trucchi vecchi come il cucco e non si comprende il perché il  sindaco volesse scaricare quella montagna di debiti sui suoi cittadini, così come sta facendo con le montagne di debiti nascosti dentro alle società partecipate per aggirare il patto di stabilità e continuare a costruire opere assurde della famigerata "città cantiere£ come i ponti sulla Parma, la passerella ciclopedonale sulla via Emilia, lo scempio di Piazza Ghiaia.
Da giorni le televisioni nazionali si danno un gran daffare per pubblicizzare l'adunata dei dissidenti grillini organizzata per domenica prossima dal sindaco Pizzarotti. Finora Federico non è riuscito a farsi espellere dal Movimento. Grillo non gli ha dato l'aureola del martire. Non so se finalmente ci riuscirà. Quello che è sicuro è che anche se si proclama "non dissidente" e anche se non è stato ancora espulso, Federico Pizzarotti è virtualmente fuori dal Movimento 5 Stelle e se vuole continuare  con la politica dovrà trovarsi una diversa collocazione.  Parma, 9 dicembre 2014               

venerdì 5 dicembre 2014

LO SCIOPERO DELLE URNE CONTRO IL PATTO DEL NAZARENO


La protesta popolare contro la politica e i politici corrotti che tengono oggi in ostaggio in Italia gran parte delle istituzioni democratiche -  a cominciare da un governo nazionale e da un presidente della Repubblica  espressi da un parlamento incostituzionale, costituito non da delegati dei cittadini ma occupato da una banda di nominati dai segretari dei partiti - si è materializzata la scorsa domenica nella nostra regione in un clamoroso sciopero elettorale.
Due aventi diritto al voto su tre hanno espresso il loro disgusto, o meglio, la nausea e il voltastomaco, per questa politica praticata da affaristi e da ladroni, disertando le urne.
Evento ancor più clamoroso perché accaduto nella "rossa" Emilia Romagna, nella regione italiana che, fino all'avvento dell'incestuoso connubio fra ex democristiani ed ex comunisti, è stata goveranata da una sinistra degna di questo nome e abitata da milioni di persone che partecipavano alla vita politica (non solo in ocasione degli eventi elettorali) con passionalità e senso civico sconosciuti nel resto d'Italia.

Si andava alle elezioni anticipate per rimpiazzare un governatore post comunista - Vasco Errani - campione riconosciuto dei poteri forti non solo emiliano romagnoli, dimessosi dopo essere stato condannato in secondo grado (il primo tribunale, seguendo il consolidato andazzo di benevolenza e di sudditanza nei confronti dei politici, lo aveva assolto) a un anno di reclusione per il reato di falso idelogico relativamente ad un finanziamento regionale alla coopertaiva presieduta dal fratello.
E si era chiamati alle urne anche nel bel mezzo di una bufera giudiziaria che aveva rivelato ai cittadini emiliano romagnoli che i loro rappresentanti eletti nel parlamento regionale avevano costituito una associazione di delinquenti, trasversale a tutti i partiti (Pd e Pdl in testa) che si impossessava di denaro pubblico facendosi rimborsare spese in alberghi, ristoranti e acquisti personali di ogni genere.

Una banda di delinquenti con stipendi da nababbo, indennità sconosciute nel resto del mondo, pensioni d'oro e privilegi da signorotti medievali che sottraevano risorse vitali ad una popolazione sempre più impoverita, a giovani ai quali si negava il diritto al lavoro, ai disabili e anziani non autosufficienti.

Una banda di ladri che sguazzava nell'oro, insomma, mentre gran parte della popolazione sprofondava nella merda a causa di una crisi economica che in Italia era in gran parte dovuta alla corruzione politica e finanziaria, alle spese enormi per mantenere un enorme esercito di politicanti, oltre che, come nel resto d'Europa, alla crisi del capitalismo più sfrenato e incontrollato che, dopo il via libero ricevuto dalla caduta del muro di Berlino, aveva prodotto mega scandali finanziari come il crac Parmalat.
Nessuna meraviglia, quindi, che, per sottolineare il disprezzo - anzi, il distacco - da questa politica, i cittadini emiliano romagnoli abbiano scioperato in massa, disertando le urne.

Meraviglia, invece, il fatto che il partito democratico, principale responsabile degli scandali di casa nostra, possa dichiarare di aver vinto le elezioni (vedasi la farneticante rivendicazione di Renzi e il suo sprezzante insulto alla protesta popolare, liquidata come "fenomeno marginale") perché il suo candidato, Stefano Bonaccini, è stato eletto presidente della regione.
Una autentica vittoria di Pirro
che delegittima sul nascere un governatore che sa di essere stato scelto da meno di un quinto dei suoi potenziali elettori e sa di avere il disprezzo dei restanti quattro quinti.
L'unica nota lieta di queste elezioni è data dal fatto che esse hanno decretato la  fine dell'incestuoso patto del "nazareno" fra Berlusconi e Renzi. Le centinaia di migliaia di elettori che hanno boicottato il candidato renziano, infatti, non hanno solo espresso distacco verso un partito che abdica sempre più alla questione morale, ma anche disgusto per quell' inciucio del "bullo" di Firenze con l'ex cavaliere di Arcore che la base di sinistra del Pd non ha mai digerito.
Parma, 2 dicembre 2014.